Il fenomeno del cyberbullismo è, purtroppo, in costante crescita, salendo alla ribalta delle cronache sempre più spesso, ed anche per casi che coinvolgono vittime sempre più giovani, in episodi di violenza in rete sempre più gravi.
Abbiamo già parlato di casi storici di vittime di questo fenomeno, ed anche di come comportarsi per prevenirlo e difendersi.
Fortunatamente, dal 2017, il Legislatore ha messo a disposizione anche uno strumento in più nelle mani dei cittadini, ovvero una normativa specifica a cui poter fare ricorso per poter combattere il cyberbullismo, anche qualora venga messo in atto da dei minorenni.
Era una normativa, vista la gravità delle conseguenze degli atti di cyberbullismo, la cui introduzione era necessaria, soprattutto tenendo conto della giovane età delle vittime e purtroppo, spesso, dei loro oppressori, nella gran parte dei casi loro coetanei.
La definizione legale di cyberbullismo è la seguente, e la legge presa in considerazione, è la n° 71, del 29 maggio 2017, intitolata “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, in vigore dal 18 giugno dello stesso anno.
Il cyberbullismo consiste in:
“…qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identita’, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonche’ la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche
uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.”
Le tipologie di cyberbullismo
Esistono vari comportamenti, sul web, di diversa natura, volti ad infastidire, offendere, fino a vessare la vittima. Ecco dunque i vari tipi di bullismo:
• Flaming: si manifesta come la continua pubblicazione di messaggi di insulti, volgari, e talora anche violenti, al fine di umiliare, provocare o aizzare altri “flamers” verso il soggetto preso di mira.
Il flaming può essere di diverso tipo: il flame trolling consiste nel pubblicare in un forum, o gruppo social, un messaggio volutamente provocatorio, con il solo scopo di dare l’avvio ad una discussione accesa
. Il messaggio iniziale si chiama “bait”, ovvero esca: esso viene scritto spesso in maiuscolo, con molti punti esclamativi, proprio per catturare l’attenzione, e spesso contiene affermazioni volgari, o in aperto disaccordo con i partecipanti al forum, o al gruppo dove viene pubblicato.
La flame war si ha quando invece si scontrano fazioni opposte, sostenitrici di idee opposte. Può capitare ad esempio tra i sostenitori di un noto marchio di prodotti, e quelli di un importante concorrente, ad esempio
• Impersonation: è la sostituzione di persona. L’account, della vittima viene violato, oppure clonato, o semplicemente ne viene creato uno nuovo, fasullo, ad essa riconducibile.
Il cyberbullo pubblica poi dei contenuti pubblici (ad esempio su un profilo social falso) al fine di ridicolizzare ed umiliare la vittima, danneggiandone la reputazione, l’immagine sociale.
Altre volte il profilo falso viene utilizzato dal bullo per avvicinare la vittima sotto mentite spoglie, facendole credere che è, per esempio, una avvenente ragazza interessata a lui, al fine di venire a conoscenza di informazioni personali, riservate, da utilizzare contro di essa.
• Trickery: è l’inganno, grazie al quale si spinge qualcuno a rivelare dei propri segreti, o delle informazioni riservate, delicate, per poi divulgarle (outing), in rete, o fra la cerchia di conoscenti della vittima, al fine di recarle danno.
• Cyberstalking: analogamente allo stalking fisico, quello virtuale consiste nell’invio continuo di messaggi violenti ed intimidatori, per incutere timore nella vittima, e ridurla in uno stato di soggezione, nei confronti del suo persecutore.
• Denigration: è il parlar male di qualcuno, diffondere dei pettegolezzi, delle dicerìe, al fine di danneggiarne la reputazione, le amicizie.
• Cyberbashing, o happy slapping: nel bullismo fisico, capita che la vittima venga picchiata e derisa, magari da più persone, pubblicamente.
Ma nel cyberbashing si aggiunge un nuovo attore: è colui che filma, magari con il proprio smartphone, l’atto di violenza, e poi condivide le immagini riprese via messaggistica istantanea, o tramite social.
• Harassment: molestia. Si intendono una serie di molestie, ripetute e prolungate nel tempo, dirette personalmente alla vittima, con messaggi che solo lei può leggere: via SMS, o app di messaggistica, messaggi di posta elettronica, oppure telefonate, spesso mute.
• Exclusion: bannare, ossia bandire una persona, da un gruppo online, al cui interno si sono stabiliti dei legami di amicizia. Tale pratica ha, al pari delle altre, lo scopo di ferire la vittima, facendola sentire esclusa, ed isolata.
• Doxing: è la pratica di ricercare, catalogare ed archiviare prima, e diffondere pubblicamente poi, informazioni personali, private, e spesso delicate, di un soggetto specifico, senza il suo consenso.
Può trattarsi di informazioni personali come i suoi dati anagrafici, il suo indirizzo di residenza, il luogo di lavoro, il codice fiscale, dati inerenti la sua salute, condizioni economiche, o direttamente il numero della carta di credito, ma anche sue foto e riprese video, allo scopo di umiliare la vittima, ma anche per compiere una vendetta, oppure per fini estorsivi, ricattandola per avere in cambio denaro.
• Sexting: derivato dalla fusione di due parole inglesi, sex e texting, è la pratica di inviare, in privato, tramite messaggi, fotografie o filmati di se stessi, nudi o a sfondo sessuale esplicito.
E’ una pratica comune, tra persone adulte e consenzienti, ma, se non vengono presi i dovuti accorgimenti, può succedere che le immagini inviate dalla vittima vengano utilizzate per poi ricattarla, ovvero nel c.d doxing, visto sopra.
La legge e gli strumenti per difendersi
La normativa pone dei nuovi strumenti in mano alle vittime di bullismo in rete. Il minore, se ha più di 14 anni, o i suoi genitori qualora sia di età inferiore, può chiedere direttamente al gestore del sito internet, o della piattaforma social, di oscurare, rimuovere, bloccare i contenuti diffusi in rete, oggetto di cyberbullismo.
Qualora il provider non dei servizi non dovesse rispondere, entro 48 ore, operando tale rimozione, l’interessato può rivolgersi al Garante della Privacy, che interviene entro le successive 48 ore, imponendo, a questo punto, la rimozione o il blocco dei contenuti lesivi.
Sul sito del Garante della Privacy è stato predisposto un apposito modulo, disponibile in questa pagina. Occorre compilarlo in ogni sua parte, ed inviarlo, tramite posta elettronica a: cyberbullismo@gpdp.it
C’è anche la possibilità di fare ricorso all’ammonimento al questore: si percorre cioè, una via più lieve, di carattere amministrativo, rispetto alla querela, che potrebbe avere delle implicazioni di carattere penale, nei confronti del minore.
Si può fare ricorso a tale opzione se l’autore dell’atto ha almeno 14 anni.
Una volta valutato i fatti, il questore può decidere di convocare quest’ultimo, spiegando che potrebbe subire conseguenze ben più gravi, se la vittima dovesse decidere di sporgere regolare denuncia.
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