Così come i genitori hanno l’obbligo di mantenere i propri figli, anche nati fuori dal matrimonio, fintantoché sono ancora minori, su di essi grava altresì l’obbligo di mantenimento, anche al compimento della maggiore età, qualora essi non abbiano ancora raggiunto l’indipendenza economica, e tale condizione non dipenda da loro negligenza.
L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne
L’obbligo di mantenimento dei figli deriva innanzitutto dalla Costituzione della Repubblica Italiana che all’articolo n° 30, stabilisce esplicitamente come tale obbligo ricada sui genitori:
“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.”
Altra fonte che sancisce tale obbligo è data dagli articoli n° 147 e seguenti, del Codice Civile, che recita:
“Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis”
Tale obbligo permane quindi, non predisponendo diversamente, le norme citate, anche dopo il raggiungimento della maggiore età.
Inoltre, nel 2006 la legge n° 54, intitolata “disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento”,
all’articolo 155-quinquies (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) ha modificato la normativa vigente, stabilendo che:
“Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 [3], si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.”
La determinazione dell’assegno di mantenimento
Una volta determinata la necessità, da parte del figlio, di ricevere l’assegno di mantenimento, e quindi l’obbligo in capo ai genitori, spetterà poi sempre al giudice stabilire l’entità dello stesso.
Il contenuto dell’assegno comprende le spese:
• Ordinarie per la vita quotidiana: alloggio, vitto, abbigliamento
• Relative all’istruzione
• Per i viaggi, le vacanze, lo svago
Il codice civile, inoltre, all’art. 155 stabilisce che, in caso di separazione dei genitori, per la quantificazione dell’assegno di mantenimento:
“Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.”
Le procedure per l’ottenimento dell’assegno di mantenimento
Innanzitutto il figlio maggiorenne che dovesse averne l’esigenza, può rivolgersi direttamente ad entrambe i genitori per richiedere l’attribuzione di un assegno di mantenimento. In caso di rifiuto, potrà richiedere l’assistenza di un avvocato familiarista, che tenterà una risoluzione in via extragiudiziale, ovvero tramite un accordo spontaneo raggiunto dalle parti, senza coinvolgere il Tribunale.
In caso di mancato accordo, e quindi di rifiuto da parte dei genitori di pattuire un assegno di mantenimento per il figlio, quest’ultimo potrà, tramite l’avvocato, rivolgersi al Tribunale Civile competente territorialmente, al fine di vedersi riconoscere il proprio diritto.
I limiti alla durata dell’assegno di mantenimento
Tuttavia l’assegno non sarà valido per sempre, ma potrebbe venir meno, in futuro, qualora il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica. Secondo varie pronunce della corte di Cassazione Civile infatti, tale condizione si verifica allorché il figlio ottenga un impiego tale da consentirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità, ed un’appropriata collocazione nel contesto economico-sociale di riferimento, adeguata alle sue attitudini ed aspirazioni.
Inoltre il figlio perde il diritto all’assegno qualora la sua condizione dipenda dalla sua negligenza, ad esempio prolungando il proprio percorso di studi senza alcun risultato soddisfacente, oppure rifiutando in modo ingiustificato delle offerte di lavoro.
In ogni caso parte della Giurisprudenza ha stabilito il limite massimo per il mantenimento a 34 anni, età oltre la quale il figlio non può più reclamare il diritto ad essere mantenuto dai propri genitori.
I genitori possono quindi richiedere al Tribunale di essere sollevati da tale obbligo, nei casi in cui:
• Il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero nei casi i cui ha un lavoro stabile, non precario, e corrispondente alle proprie aspirazioni, tale da permettergli un’autosufficienza economica e di essere quindi indipendente dalla propria famiglia di origine
• Il figlio non si impegna nel raggiungere la propria autonomia, a livello economico, rifiutando proposte di lavoro, oppure dimostrando una colpevole inerzia, nel proseguire il proprio percorso di studi.
Al contrario, vi sono casi in cui, pur lavorando, o studiando, il figlio ha ancora diritto al mantenimento dei propri genitori, ovvero nei casi in cui:
• Svolge un lavoro precario, a tempo limitato, o di apprendistato
• Svolge un lavoro scarsamente qualificato, ma solo temporaneamente, nell’attesa di poter poi trovare un lavoro maggiormente qualificato, una volta terminati gli studi.
• Sta ultimando un dottorato di ricerca, oppure una specializzazione
Obbligo di mantenimento nel caso di figlio con nuova famiglia a suo carico
Un altro caso in cui un figlio può richiedere ancora l’assegno di mantenimento, pur essendo maggiorenne, è quello in cui, perde i mezzi di sussistenza, dopo aver a sua volta avuto dei figli. In questo caso può sorgere un obbligo, in capo ai suoi genitori, non solo per il suo sostentamento, ma anche per eventuali nipoti. Tale obbligo sorge solo in casi di oggettiva impossibilità, da parte dei genitori, di poter mantenere i propri figli.
La violazione dell’obbligo di mantenimento, associazioni ed enti di tutela
Rifiutarsi di aiutare un figlio, violando l’obbligo sancito dal Tribunale, di versargli gli assegni di mantenimento, costituisce reato perseguibile, ai sensi dell’art. 570 del codice penale (violazione degli obblighi di assistenza familiare), che infatti così stabilisce:
“Chiunque, abbandonando il domicilio domestico [45 c. 2, 143 c. 2, 146 c.c.], o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale (1) [147, 316 c.c.]o alla qualità di coniuge [143, 146 c.c.], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [o del pupillo] (2) o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti [540; 75 c.c.] di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [540; 75 c.c.] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato [per sua colpa] (3) [146, 150, 151 c.c.].”
Dunque il mancato pagamento, o rifiuto di versare gli assegni di mantenimento per un figlio, a cui invece spetterebbero di diritto, comporta una violazione di un obbligo di assistenza familiare, come tale può comportare una condanna penale fino ad 1 anno di reclusione, ed una multa fino a 1.032 euro.
Per ottenere tutela, è consigliabile rivolgersi a varie Associazioni di categoria, presenti sul suolo nazionale, in grado di fornire tutela legale, quali:
• L’AIAF – Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori
• L’AMI – Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani
• CamMino – Camera Nazionale Avvocati per la persona, le relazioni familiari ed i minorenni
• UNCM – Unione Nazionale Camere Minorili
E’ possibile inoltre richiedere aiuto ad Associazioni private, o a Servizi Pubblici, o privati convenzionati, presenti nei maggiori Comuni D’italia, che posso richiedere la tutela legale tramite il gratuito patrocinio: per richiederlo, è sufficiente dimostrare di avere un reddito basso (sotto i 11.493,82 euro, maggiorato di 1.032,91 per ogni componente in più nel nucleo familiare).
Esistono inoltre rivolgersi per chiedere aiuto ai Consultori familiari, attivi presso le ASL locali, ai servizi di mediazione familiari, o ai Centri Antiviolenza.
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