Il bullismo è un fenomeno di sempre maggior diffusione, ed occorre che tutti i soggetti coinvolti vi prestino la massima attenzione, come già detto nell’articolo dedicato al contrasto al bullismo. Non è importante quindi affrontare questo problema solo nell’ottica della vittima, ma anche da quella del bullo: il suo comportamento nasconde infatti un disagio, che va affrontato e possibilmente rimosso. Da questo punto di vista è sempre la famiglia, con i suoi modelli genitoriali, il soggetto su cui focalizzare l’attenzione.

 

I segnali da cogliere per capire se tuo figlio è un bullo

 

Al pari di un genitore che si ritrova ad avere un figlio vittima di bullismo, è importante anche il contrario: cioè che si riesca a cogliere i segnali provenienti da un figlio, o figlia, che esercita il bullismo nei confronti dei propri coetanei.

Spesso scoprire un bullo non è semplice per un genitore, perché il minore tende a comportarsi con gli adulti, e nella propria famiglia, in modo differente da come invece si comporta a scuola, tra i propri coetanei.

Possono esserci alcuni segnali da saper scorgere nel minore quali, ad esempio:

1. E’ un prepotente, cerca sempre di ottenere tutto ciò che vuole
2. Parla spesso male degli altri, o lo fa con aggressività
3. Può essere preda di crisi di rabbia
4. Cerca di farsi valere con l’aggressività, la violenza, la forza fisica
5. Partecipa volentieri a combattimenti, scontri fisici o verbali
6. E’ a sua volta amico di altri coetanei prepotenti
7. Diventa sempre più aggressivo, con il passare del tempo
8. Viene spesso richiamato da insegnanti, o dal Preside dell’istituto scolastico
9. Ha un’insolita disponibilità di denaro, o di oggetti nuovi
10. Non si assume le proprie responsabilità, e tende anzi a scaricare le sue colpe sugli altri

 

Le cause all’origine del comportamento da bullo

 

Un bambino diventa bullo per vari motivi, perché ad esempio in famiglia assiste ad una comunicazione basa sull’uso della violenza, o della forza.

In altri casi, il carattere prepotente sorge a causa di genitori troppo autoritari, o troppo lassisti nell’ educazione: nel primo caso il minore assume un comportamento eccessivamente, duro, che ricalca quello dei genitori, nel secondo invece, non trovando un argine ai propri capricci, acquisisce eccessiva sicurezza di sé, arrivando a non rispettare alcuna regola, sentendosi onnipotente, è il caso del “bambino imperatore”.

Ci possono essere poi anche cause, o concause esterne, che magari fanno emergere, o accentuano, il carattere prepotente del bambino, o dell’adolescente:

1. Un ambiente scolastico eccessivamente competitivo, che quindi può favorire un sistema basato sulla prepotenza
2. La fruizione, in modo non equilibrato, di videogiochi e film violenti
3. L’essere scarsamente empatici, e quindi non riuscire a percepire minimamente la sofferenza della vittima.

 

Come comportarsi, se si ha un figlio bullo

 

Una volta che si è scoperto di avere un figlio bullo, si può procedere in diversi modi:

1. Coinvolgere, chiedendo aiuto, gli insegnanti scolastici, o le varie figure di riferimento negli ambienti che frequenta: lo sport, la palestra, i luoghi dove svolge corsi, magari insieme ad altri bambini
2. Parlare con altri genitori: per capire se agisce da solo, se fa invece parte di un gruppo, o ne è addirittura il leader
3. Occorre assumere un atteggiamento di collaboratività, e non di chiusura, assumendo magari troppo le difese del minore. Occorre fargli capire i propri errori, facendogli assumere le proprie responsabilità
4. Occorre instaurare un dialogo continuo, e diretto, col figlio, per capire le ragioni dei suoi comportamenti errati, capire se, per esempio, è stato vittima a sua volta di bullismo, in passato.
5. Spiegare gli effetti dei propri comportamenti sbagliati
6. Farlo scusare
7. Cercare di essere d’esempio, evitando, tra le mura domestiche, di mostrare comportamenti che denotino mancanza di rispetto, o comportamenti prevaricatori o addirittura violenti
8. Porre l’accento sui comportamenti positivi, attribuendo una ricompensa, anche solo verbale, quando questi si verificano.
9. Rivolgersi eventualmente ad un professionista, che possa essere d’aiuto sia al minore che, eventualmente, ai genitori: non sempre è facile porre rimedio ad una simile situazione, ed un valido aiuto può essere talora necessario.

 

Insegnare a litigare

 

Secondo alcuni autori, esperti in materia, come Daniele Novara, pedagogista ed autore del saggio “I bulli non sanno litigare”, è importante insegnare ai bambini, fin da piccoli, a “litigare bene”.

Secondo questo studioso i bulli sono tali per il loro senso di frustrazione, derivante dalla loro incapacità di gestire situazioni complesse.

Il genitore, o l’adulto in generale, per insegnare a litigare bene, dovrà:

1. Astenersi dall’intervenire, imponendo una propria soluzione
2. Evitare di individuare il colpevole
3. Mantenere un ruolo empatico, equidistante, per poter fare da mediatore
4. Cercare di tranquillizzare i due contendenti, per portarli ad esprimere ognuno le proprie ragioni, ma mantenendosi rispettosi l’uno dell’altro, senza andare sul personale, cercando di immedesimarsi nell’altro, per arrivare ad elaborare una soluzione, un compromesso, che possa andar bene per entrambi.

 

Insegnare l’empatia

 

Al giorno d’oggi i bambini sono sempre meno empatici, cioè sempre meno portati a percepire le emozioni altrui, e ad immedesimarsi nel prossimo.

Questo è frutto molto spesso di modelli culturali che mettono al centro il percorso accademico, gli studi, e quindi i relativi risultati nel mondo del lavoro, oltre al fatto che l’utilizzo sempre più diffuso della tecnologia ha aumentato le distanze tra le persone: come si fa a sviluppare delle relazioni sociali vere, se si passa la maggior parte del proprio tempo connessi in rete, dietro ad un display?

Ecco quindi alcuni semplici consigli, per educare, fin da piccoli, i bambini all’empatia:

1. Insegnare a riconoscere i sentimenti, parlandone insieme
2. Trovare un mantra di famiglia, che riassuma i nostri valori, e ripeterlo ai nostri figli. Ad esempio “noi siamo la famiglia Verdi, portiamo gioia e speranza” oppure “siamo a disposizione dei più bisognosi”
3. Diamo il buon esempio, chiedendo scusa, e mostrando la capacità di saper correggere i propri comportamenti sbagliati. Non si può infatti avere la pretesa di educare, se non si è di buon esempio!
4. Coltivare il senso di immedesimazione: provare a chiedere al bambino, come pensa ci si possa sentire, al posto di un suo coetaneo, qualora la stessa cosa fosse successa a lui. Provare quindi ad insegnare a…mettersi nei panni degli altri!
5. Seguire la regola del “almeno 2 gentilezze al giorno”: far diventare cioè un’abitudine fare qualcosa di buono per gli altri, ogni giorno

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