Il codice deontologico è uno strumento che si è imposto, nel corso degli anni, al fine di regolamentare ulteriormente una professione, come quella dell’investigatore privato, nel cui ambito si ritrovano anche quelle dell’informatore commerciale e dell’operatore di sicurezza, a cui possono accedere solo persone in possesso di determinati requisiti, stabiliti per legge, ovvero dopo una specifica autorizzazione del Prefetto.
Occorre inoltre considerare la delicatezza delle operazioni compiute nello svolgimento dell’attività investigativa, come già discusso in questo stesso blog, parlando della figura del detective privato : l’attività investigativa infatti comporta spesso l’ingerenza nella sfera privata di chi diviene oggetto di essa, mediante la raccolta di dati, informazioni strettamente personali, e spesso quindi riservate, con ricadute perciò di carattere non solo giuridico, ma anche etico, sulla vita delle persone.
A seguito della emanazione della nuova normativa, il decreto legislativo n° 196/2003, “Codice in materia di protezione dei dati personali”, entrato in vigore il 1° gennaio del 2004, vennero recepiti gli obblighi previsti dalla legge precedente, ad eccezione dell’obbligo di notifica telematica, per particolari trattamenti elencati esplicitamente all’art. 37 del decreto, e confermando quindi quanto precedentemente stabilito dalla normativa, in tema di obblighi di informativa, conservazione dei dati, consenso e relativi oneri.
L’approvazione del codice deontologico di avvocati ed investigatori
L’attuale codice è frutto di un lavoro che ha coinvolto vari enti ed associazioni di categoria, tra cui:
– Il Consiglio Nazionale Forense
– L’Unione delle Camere Penali
– L’Unione delle Camere Civili
– L’Unione Avvocati Europei
– L’Associazione Italiana Giovani Avvocati
– L’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana
– La Federpol, ovvero la Federazione Italiana Istituti Investigazioni, Informazioni e Sicurezza
– La Aipros, l’Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza
Il codice quindi è nato sotto la spinta di tutte le categorie professionali rappresentate nell’elenco precedente, di concerto con il Segretario Generale dell’Autorità Garante, che ha portato alla firma del codice, poi entrato in vigore il 1° gennaio del 2009.
Da notare come tale codice non regolamenti solo il trattamento ad opera di investigatori privati ed avvocati, ma anche da parte di tutti i liberi professionisti che debbano far valere, o difendere, un diritto in giudizio, oppure nel corso dello svolgimento di indagini difensive.
Il GDPR e la revisione del codice deontologico
Successivamente, il 24/12/2018 il Garante per la protezione dei dati personali confermava la conformità del Codice di deontologia, mediante un comunicato stampa, rispetto a quanto previsto dal Regolamento UE 2016/2019 sulla protezione dei dati personali (il c.d. GDPR – General Data Protection Regulation).
Tale controllo di conformità si è reso quindi necessario per rispettare le disposizioni del D. lgs. 101/2018, che ha recepito nel nostro ordinamento le disposizioni del GDPR.
Oltre a modificare i riferimenti normativi, adeguandoli al nuovo quadro europeo, nel corso di tale controllo il Garante ha provveduto anche ad apportare alcune modifiche, in alcuni casi modificando, ed in altri eliminando del tutto le disposizioni contenute nel vecchio codice del 2008.
Avvocati ed investigatori privati devono conoscere molto bene le disposizioni di tale normativa, così come stabilito dal comma 4, dell’art. 2 del decreto legislativo 196/2003:
“Il rispetto delle disposizioni contenute nelle regole deontologiche costituisce condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento dei dati personali.”
Da notare che, con il recepimento della normativa europea in tema di trattamento dei dati personali, il vecchio codice privacy (d. lgs. 196/2003) non è stato abrogato, ma rimane bensì in vigore, seppur modificato al fine di armonizzarlo con i principi fissati dal GDPR.
Rimangono validi anche tutti i provvedimenti del Garante della privacy, e continuano quindi ad essere applicabili, in quanto compatibili con la nuova normativa.
Le regole specifiche per gli investigatori
Innanzitutto, parlando delle prescrizioni specifiche, il Garante ha stabilito che:
• E’ vietato, agli investigatori privati, intraprendere di propria iniziativa investigazioni, ricerche, o altre forme di raccolta dati. Essi possono svolgere tali attività soltanto nel caso in cui abbiano ricevuto apposito e specifico incarico, conferito loro, per iscritto, da un cliente o da un avvocato, che difende il proprio assistito.
Questo significa che gli investigatori privati hanno dei compiti non ispettivi, ma esecutivi, rispetto alle indagini svolte per conto di clienti, o di avvocati che agiscono in difesa dei propri clienti.
• All’interno dell’incarico ricevuto dall’investigatore privato, deve essere indicato in maniera esplicita, specifica, quale sia il diritto che il cliente intende far valere in giudizio, oppure il procedimento penale per il quale viene richiesto all’investigatore privato di svolgere indagini, oppure occorre indicare i principali elementi di fatto che giustificano l’investigazione, oltre al termine entro cui questa deve concludersi
• L’investigatore è tenuto a fornire all’interessato l’informativa privacy, prevista dal regolamento europeo, tranne nel caso in cui possa ottenere i dati personali da soggetti terzi, diversi dall’interessato, e fornire l’informativa possa pregiudicare le indagini
• Sull’investigatore privato grava altresì l’onere di informare periodicamente il difensore, o colui il quale gli ha conferito l’incarico, in merito all’andamento delle indagini. Deve inoltre seguire personalmente l’incarico ricevuto, a meno che non siano stati designati esplicitamente, all’interno dell’incarico, i nominativi di altri investigatori che lo potranno affiancare nel corso delle investigazioni.
• Infine, l’investigatore dovrà terminare ogni forma di trattamento dei dati raccolti, nel corso dello svolgimento delle proprie attività, quando queste siano giunte al termine. Occorre precisare che, per quanto riguarda la conservazione dei dati oltre il termine dell’incarico, essi non possono essere conservati in alcun caso: quindi ci si riferisce, per fare un esempio, a relazione, foto, video e documentazione di cui l’investigatore sia entrato in possesso durante l’espletamento dell’attività. Fa eccezione il conferimento di incarico o mandato che potrà essere conservato al fine di provare eventualmente la liceità dell’indagine eseguita.
• Da ultimo, ma non meno importante, occorre ricordare che l’investigatore, durante la sua attività, potrà trattare unicamente i dati necessari, pertinenti e non eccedenti rispetto all’obiettivo di indagine.
Ecco un esempio concreto: se viene incaricato da un’azienda per controllare il dipendente assenteista, se nel mentre si scopre che questi ha anche un’amante, non potrà assolutamente comunicarlo al cliente e men che meno inserirlo in relazione, in quanto quel dato non è necessario e pertinente, bensì eccedente rispetto all’obiettivo di indagine.
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