In questa intervista ascoltiamo la titolare dello Studio Investigativo Aenigma: la Dott.ssa Valentina Grazzi che, pur essendo molto giovane, vanta già un’esperienza di oltre 10 anni nel campo delle indagini.Questo approfondimento è utile sia per chi vuol saperne di più su Aenigma, qualora volesse rivolgersi a noi per una consulenza, sia per chi, magari in un futuro prossimo, volesse affacciarsi a questa misteriosa, ed affascinante professione, che richiede comunque molti studi, e sacrifici, come già spiegato sia parlando di come si diventa investigatore privato, sia del codice deontologico alla base di questa professione.

 

– Parlaci di te: la tua esperienza, il tuo percorso per diventare Investigatrice, titolare di agenzia

 

Ho iniziato questo lavoro quando avevo appena 19 anni, spinta da una forte passione e dalla costante voglia di mettermi in gioco. Ho iniziato come Collaboratrice Investigativa in Incarichi Elementari lavorando per alcune agenzie dell’Emilia Romagna. In particolare, in una di queste ho avuto la possibilità di crescere professionalmente, lavorando in tutta Italia, e di specializzarmi in alcuni ambiti.
Successivamente ho deciso di iscrivermi all’Università di Perugia per conseguire la Laurea in Scienze per l’Investigazione e la Sicurezza. Questo per me era l’ultimo requisito da ottenere per poter aprire la mia agenzia investigativa e coronare così il mio sogno.

 

– Che cosa ti ha spinto, un giorno, ad abbracciare questa professione?

 

Ogni bambino cresce con un sogno. Sembrerà sciocco ma il mio era quello di aiutare le persone, risolvere misteri e, come ogni super detective che si rispetti, trovare la verità.
Mio padre quando era giovane, per avere qualche entrata extra, lavorava come buttafuori in alcuni locali. Un giorno tornò a casa e mi disse che aveva incontrato per caso il titolare di un’agenzia investigativa che aveva conosciuto proprio in quel periodo. Finalmente mi si presentava la possibilità di lavorare fianco a fianco ad un investigatore privato. Non ci pensai due volte. Non sapevo a cosa andavo incontro ma mi buttai. Fu la scelta migliore che potessi fare.

 

– Che cosa ti dà soddisfazione, nello svolgere la tua attività?

 

Ho sempre pensato che una brutta e scomoda verità sia molto meglio di una bella bugia. Essere di aiuto alle persone, ricercando la verità, mi dà molta soddisfazione.
Non è sempre facile in realtà. Dipende dal contesto in cui mi trovo a lavorare. È sicuramente molto più semplice – emotivamente parlando – provare l’infedeltà di un dipendente invece che un’infedeltà coniugale, in cui sono magari anche presenti figli contesi oppure rendersi conto che i sospetti dei genitori di un minorenne erano fondati. Ma anche in questo caso la ricerca della verità è indispensabile per poter essere di aiuto. Per non arrivare tardi.

 

– Ci sono volte in cui hai dovuto dire di no a dei clienti? Che richieste “strane” ti fanno?

 

Tantissime volte! C’è questa strana idea che per l’investigatore tutto sia lecito: entrare nelle proprietà private per installare microspie, controllare messaggi, telefonate, email, corrompere le forze dell’ordine per avere “qualche informazione in più”, e chi più ne ha più ne metta.
Molto spesso mi trovo a dover spiegare quando possiamo prendere un incarico e quando questo non è possibile.
La richiesta più strana?! Ce ne sono state diverse. Ricordo quella più divertente! Quella di un signore che mi ha chiamato chiedendomi di seguire l’amante perché non sapeva se fidarsi. Il signore si era giustificato dicendo “Sa, dottoressa, so quello che lascio ma non quello che trovo. E se poi questa mi mette le corna?!”

 

– Ti è mai capitato di dover fare delle scelte difficili? In che occasione?

 

Si era rivolto a me un uomo in seguito alla scomparsa della figlia. La ragazza, appena maggiorenne, era scappata di casa non lasciando di sé alcuna traccia. Iniziammo ad effettuare le indagini partendo da un’analisi del contesto. Di lì a poco quello che scoprimmo era che il passato di quella famiglia era meno roseo di quello descritto dal signore in sede di colloquio. Rifiutai l’incarico.

 

– Cosa ne pensi della normativa attuale, in tema di privacy, deontologia: la trovi completa, utile, o forse
vorresti suggerire dei cambiamenti, per poter svolgere l’attività investigativa al meglio, ma sempre nel rispetto della legge?

 

Nonostante i traguardi, anche recenti, ottenuti dalla categoria, sono ancora molteplici le difficoltà che riscontriamo sotto un punto di vista operativo. Pensiamo anche al fatto che l’investigatore non si occupa solo di infedeltà coniugale. Esistono molteplici contesti in cui può essere di supporto, anche in ambito penale: dallo stalking, all’abuso su minori, alle indagini difensive.
Ad oggi siamo ancora ben lontani dall’avere, ad esempio, la possibilità di accedere a banche dati come quelle a cui accedono le Forze dell’Ordine. Non possiamo nemmeno entrare all’interno delle Ztl senza un’autorizzazione preventiva e il rischio in questo caso è ovviamente quello di perdere il soggetto di indagine.

Quando le Forze dell’Ordine ci fermano ad un posto di blocco e stiamo lavorando non tutti gli agenti comprendono quanto possa essere problematico per noi perdere l’indagato in quel momento. Noi non lavoriamo nel pubblico, non possiamo permetterci di dire “tornerò domani” perché l’indagine andrà avanti mesi. Il nostro lavoro viene pagato dal cliente, privato o azienda, a cui non è detto che importi che abbiamo perso il soggetto di indagine a causa del posto di blocco. È vero, abbiamo un tesserino di riconoscimento per identificarci e siamo segnalati in Prefettura ma vi assicuro che non sempre è sufficiente.

 

– Tu sei investigatrice privata, titolare non solo di licenza, ma anche di agenzia: davvero un bel risultato, così giovane! Quanto è stato difficile raggiungere questo traguardo? Quali sono le difficoltà, nel nostro Paese, nel riuscire ad avviare, e mantenere, una propria Attività?

 

Difficilissimo soprattutto nel mondo delle investigazioni. Settore prettamente maschile poco disposto, purtroppo ancora troppo spesso, ad accogliere il cambiamento, l’innovazione e soprattutto la collaborazione. Nel mio percorso ho trovato tante persone pronte a mettermi in difficoltà e, di contro, pochissime a sostenermi e ad appoggiarmi. E vi assicuro che quando poi si arriva qui, come me, con un’attività aperta, le cose non cambiano.
Questi anni poi, in particolare, sono stati duri per tutti. La pandemia ci ha costretti a sospendere le nostre attività o a rivederle. Ma con un po’ di tenacia, determinazione e problem solving si affronta tutto!

 

– Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono intraprendere questo lavoro?

Buttatevi. Non importa quanto distante sia il vostro obiettivo. Seguite i vostri sogni a testa alta con determinazione e coraggio. Fate squadra, non smettete mai di mettervi in gioco, studiate tanto e… non abbiate paura!

 

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